Maria Ida Catalano: Per l’Arte delli mastri d’ascia della città di Napoli: Nunzio Ferraro e Giovan Battista Vigliante tra fine Cinquecento ed inizio Seicento

    

Estratto dal volume speciale: Scultura lignea. Per una storia dei sistemi costruttivi e decorativi dal Medioevo al XIX secolo


Nonostante l’importanza delle più recenti aperture critiche, resta esemplificativo di uno stato ancora embrionale delle ricerche che figura ampiamente presente nelle carte d’archivio ed indagate in relazione a singoli complessi, il caso degli intagliatori Nunzio Ferraro e Giovan Battista Vigliante, finora non oggetto di una distinzione che consenta almeno di avanzare proposte circa una diversificazione delle loro singole personalità. La produzione delle due botteghe, spesso associate in lavorazioni congiunte, risulta documentata dalla fine degli anni settanta del Cinquecento fino ai primi del Seicento, implicando la produzione di una vasta tipologia di oggetti — galeoni, reliquiari, tabernacoli, soffitti, cori, armadi, cornici e cone — difforme per scala (dal grande al piccolo formato), e dissimile nell’impiego delle lavorazioni, in alcuni casi emulative di tecniche specificamente connesse alla realizzazione di prodotti in metallo. Tra la varietà dei manufatti realizzati nel corso della loro prolifica attività, che sollecita in sede di analisi il superamento della consueta suddivisione tra scultura ed ornato, episodi monumentali ed arredo, emerge l’uso del legno intagliato nudo o dipinto, e argentato o dorato da altre figure di artefici. Tali procedimenti diversificati coinvolgono competenze eterogenee e si avvalgono di un coacervo di filoni culturali che il presente studio cerca di individuare.

 

Regarding the “Art of the Masters of the Ax” from the City of Naples:
Nunzio Ferraro and Giovan Battista Vigliante between the end of the sixteenth and beginning of the seventeenth centuries

The case of wood carvers Nunzio Ferraro and Giovan Battista Vigliante, in spite of the most recent critical studies, represents research still at an early stage, which, though based on ample archival papers documenting their work, has not yet resulted in an identification of their separate individual contributions. The production of the two workshops, often associated in joint commissions, is documented from the end of the 1570s to the beginning of the 1600s, consisting of the production of a vast range of objects–galleons, reliquaries, tabernacles, coffered ceilings, choirs, sacristy armoines, frames, icons–varying in scale (from large to small formats), and diverse in the production techniques employed, in some cases imitating techniques specifically connected to the production of works in metal. The use of carved wood, natural or painted, silvered or guilded by other craftsmen, stands out among the artefacts realised during their prolific careers. In analysing their work one must overcome the traditional distinction between sculpture and ornamentation, monumental works and decoration. These varied techniques imply a diversification of competencies and take advantage of a large number of cultural influences that the present study attempts to identify.